Sottesa alla paura della vittoria c’è spesso la convinzione che il successo richieda delle abilità che si ritiene di non possedere. Se un atleta è considerato forte e talentuoso, ma lui non si percepisce tale, può scattare la paura di non essere all’altezza delle aspettative delle figure di riferimento (compagni, allenatore, familiari) o del pubblico, innescando il meccanismo di rinvio dell’attesa vittoria e procrastinando all’infinito l’espressione del proprio valore.
In altri casi l’atleta può temere che conseguire importanti vittorie lo sottoponga a una nuova e inaccettabile responsabilità come quella di dover mantenere il livello che si conseguirebbe qualora si vincesse una certa competizione. La paura di non riuscire a mantenere uno standard di prestazioni alto, la paura di deludere le nuove aspettative che si creerebbero, il timore di affrontare avversari sempre più forti, sono tutti fattori che possono portare al blocco delle prestazioni agonistiche.
In altri casi ancora, la nikefobia può colpire l'atleta a seguito di un suo successo inaspettato e repentino, che lo "strappa" dalle proprie abitudini, dal proprio ambiente, dal proprio ruolo nel mondo, e da tutto ciò che per lui prima era rassicurante, familiare e prevedibile: in questa situazione l'atleta può attuare comportamenti tali da permettergli di tornare alla situazione precedente, rifiutando i benefici della vittoria.
In tutti questi casi è importante che l’atleta abbia il coraggio di chiedersi quali siano le paure e i timori profondi del suo significato di vittoria.